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Un cenno di matita

Photo by @ClarissaWatson on @Unsplash

Interno fiera. È appena iniziata. Timidi visitatori si affacciano ai corridoi. Negli stand si attende, come sempre, che arrivi il primo visitatore, nuovo, conosciuto, di passaggio, non importa. Comunque sia che arrivi, perché è il segnale che la fiera è iniziata.

Il piano sequenza è insistente, l’inquadratura ansiosa su chi attende. Ad un tratto l’immagine si stringe. Entra qualcuno. 

Primo piano. Borsa sottobraccio, persona distinta, sguardo professionale, curioso, sembra avere la domanda già pronta. Saluta cordialmente, si presenta: “Bonjour, je suis Mr. T. de la Société R. Comment ça va? Est-ce que Vous êtes Mr. Fausto?” Ci sediamo. Estrae con piglio professorale un foglio bianco dalla borsa – evoca un’immagine vintage – prende una matita e comincia a disegnare. Silenzio.

La grafite scorre sul foglio come a incidere qualcosa che rimarrà. Ne esce un profilo, insolito, di una struttura metallica, qualcosa di robusto, importante.

E continua: “Mr. … Je veux ça!” Come in un racconto di Henrich Böll, il mio interlocutore sembra essere certo che “qualcosa accadrà”!

Percepisco un’accelerazione positiva. In un attimo è come se il calendario scorresse già, con tutte le funzioni coinvolte e mescolate a un flusso di pensieri. 

Devo fare qualcosa subito, prima di subito. Non sarà prima della sera, in albergo, al termine di una giornata speciale. 

“Mettiti seduto, dico al mio capo! (gli posso dare del tu e lo chiamo “capo”.) Stamattina è venuto a trovarmi Mr. T. della Società R. Ha preso carta e matita e ha disegnato questo profilo. Il progetto è importante, urgente, a novembre, nei primi giorni di novembre, i primi lotti devono già essere a Londra. Questo progetto deve essere nostro!”

Silenzio, quel silenzio che non prediligo. Seguono sbuffi, smorfie, qualche cenno di tosse, sguardi complici fra i cortigiani, pardon, i collaboratori più stretti. In molti scuotono la testa. Poi la sentenza: “Nun se po’ fa’!” con l’eco di sostegno dei cortigiani: “Sì, giusto, vero, no, non se po’ fa’!”

Non parlo, non reagisco, forse non respiro nemmeno. Penso: ”Vedremo, se non si può fare!” E replico: “Ma dai, parliamone con calma, domattina. Il Signor T. ripassa, per portarci qualche disegno più dettagliato.”

L’indomani ci rivediamo. Siamo in tre, quattro, non ricordo. Parliamo, traduco, tanti gesti – ahimè, le smorfie ci sono sempre e non si possono tradurre (e sono pericolose)! – ci si scambia qualche parola di italiano. Guardiamo il calendario, con apprensione. Ci si capisce. Finita la fiera, faremo sapere. Maggio sta per finire.

Seguono fitti scambi di corrispondenza, disegni naturalmente, una prima offerta indicativa: non siamo distanti. Ma il tempo, il tempo è proprio quello che manca e scorre inesorabilmente.

La pressione si alza, nel contempo le idee non sono chiare, sembrano annebbiarsi. Ci sono molti attori coinvolti: il cliente, il designer, il capoprogetto, la proprietà, la direzione generale, come sempre accade quando si tratta di vendita industriale. Ciascuno vuol dire la sua, talvolta noncuranti dei tempi e dei processi.

Nascono i primi dubbi sulle scadenze, un barlume di incertezza che sembra far saltare tutto, posticipare persino, perdendo – nell’imminenza di un periodo di ferie – uno spazio  importante per poter lavorare agevolmente, considerando che in un nuovo lavoro l’imprevisto è sempre dietro l’angolo e ci devono essere i margini di recupero.

Bisogna sbloccare l’empasse, sciogliere i dubbi, 

Sto rientrando da uno di quei colloqui di definizione del progetto, forse l’ultimo – penso – ma non è così! Ad un certo punto penso di dover fare qualcosa, scrivere – per sbloccare la situazione – con cortesia e puntualità, un lungo fax, a mano (come si faceva!), facendo il punto sull’avanzamento del progetto, sui vincoli e sulle scadenze, quelle dei fornitori in particolare, visto che siamo sul limite della pausa estiva. 

La sintesi: se andiamo oltre un certo limite temporale, rischiamo di non riuscire a rispettare le date imposte dal committente e il progetto salta.

Passano pochi, pochissimi giorni, sembrano mesi. La risposta scritta viene preceduta da una telefonata:
“Allez-y!” Procedete!

Comincia il lavoro. I disegni vengono approvati nel giro di pochi giorni. Vengono integrate una serie di simulazioni per validare la tenuta del profilo, il calcolo della resistenza e della flessione della struttura metallica deve essere accurato. Il risultato promuove il progetto. Un altro passo avanti.

Si procede alla realizzazione della sezione di un campione, in dimensioni reali, un’opera che seguirò in ogni passaggio, ogni giorno, ossessivamente. Quel filo dell’elettroerosione che scorre 24h nella billetta di alluminio diventa l’occasione quotidiana per confrontarmi con chi produce: un vero training on the job! 

Anche questo fa parte del percorso di internazionalizzazione. 

Ogni mattina di quei lunghi giorni a verificare che la notte fosse passata bene e che non ci fossero state interruzioni del lavoro.

Il campione viene approvato. Si faranno test anche sulla finitura, una nuova, speciale per questo progetto. Anche la finitura verrà approvata.

Intanto parte la pianificazione, un’occasione inderogabile per applicare logiche di project management. Riunioni su riunioni, volate in produzione e poi solleciti dietro solleciti. 

Quando arriva il giorno della prima spedizione siamo un po’ tutti emozionati. Passerà qualche giorno in attesa ansiosa del feedback, che infine arriverà. 

Ci siamo riusciti! Il Cliente rimane soddisfatto, di tutto, del prodotto finale e della macchina organizzativa messa in piedi in soli centoventi giorni!

Forse fu un miracolo, senza averne piena coscienza, superando difficoltà che sembravano insormontabili, abbattendo resistenze e pregiudizi, interni ed esterni.

Così è la realizzazione di un progetto B2B: ascoltare, co-progettare e contribuire perché il prodotto sia come doveva essere, performante secondo le specifiche, consegnato come si aspetta il Cliente, ad un prezzo soddisfacente per entrambi i partner coinvolti, perché “creare una relazione di lungo termine” è il fondamento della vendita.

Centrale il rapporto con il Cliente, più esattamente la relazione fra Partner, fondata sul privilegio di scambiare conoscenze e competenze, al tempo stesso cooperativa e proattiva.

In questa maniera prende forma un nuovo progetto, si trova la soluzione più efficace e significativa per un nuovo prodotto, nel pieno rispetto del marchio e dell’identità dell’Azienda.

È stata una grande storia – accadeva venti anni fa – in cui il contributo 100/100 in ogni area, a tutti i livelli, è stato determinante, vincente!

“Un oggetto di design è il frutto dello sforzo comune di molte persone dalle diverse specifiche competenze tecniche, industriali, commerciali, estetiche. Il lavoro del designer è la sintesi espressiva di questo lavoro collettivo. Quello che caratterizza la progettazione è proprio il rapporto continuo tra parecchi operatori, dall’ imprenditore all’ultimo operaio.” #AchilleCastiglioni

#B2B #export #exportmanagement #percorsi #esperienze #lessonslearned

Exportivity. Una sostenibile proposta di Internazionalizzazione “à la carte”.

#Esportare è un’attività per fondisti, richiede disciplina, applicazione, costanza, larghezza d’idee, ma soprattutto un cambio di visuale di tutta l’Impresa, un Viaggio di portata indimenticabile.

E’ importante seguire la giusta direzione ed esser pronti a qualsiasi manovra di adattamento per personalizzare la propria proposta, per renderla autentica, ma compatibile con le esigenze di chi guarda oltre confine.

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Prima di “partire” la #buonaImpresa avrà costruito brave Persone, solo così sarà in grado di offrire buoni prodotti e servizi al mercato domestico come a quello estero.

Esportare è una “scelta”, un modo di fare e divulgare il proprio #saperfare andando a scoprire nuovi modi di espressione dell’Impresa, è un veicolo di #distribuzione di sapienza manageriale, del prodotto, del Paese in cui vivi, che arricchisce Persone e sistemi, processi e stili, aggiunge valore alle relazioni e incrementa le competenze.

Esportare è percorso complesso, richiede un indirizzo chiaro, ma non gigantesco, sostenuto da un modello preciso, condiviso e raggiungibile.

Export is not a journey, is an itinerary.

“I believe that anybody who has to export, and who believes in skills, gets away from fighting about history.” (Stef Wertheimer)

#export #thatsmyjob